Luoghi del Sacro in terra Unesco
"Luoghi del Sacro in terra Unesco": questo il nome del progetto a cura di Qdpnews in collaborazione con l’Istituto Beato Toniolo e Banca Prealpi SanBiagio che ha l'obiettivo di promuovere la conoscenza dei più importanti siti religiosi e dei tesori dell'arte sacra conservati nell'area dei 29 comuni che fanno parte del sito Unesco. Un modo per valorizzare la ricchezza delle testimonianze architettoniche, artistiche e archeologiche generate nei secoli dalla fede e dalla devozione popolare delle comunità locali, custodite negli "scrigni" delle chiese del territorio.
Qui di seguito riportiamo alcuni documentari, l'intera collezione di circa 50 "pillole" da tre minuti che descrivono la storia dei più avvincenti punti d’interesse religiosi all’interno dell’area Unesco può essere visionata cliccando QUI
Abbazia di Follina
Abbazia di Follina
Splende l’Abbazia di Follina, sorgente spirituale in Vallata: la Madonna, il Chiostro e la Foresteria simboli di una bellezza senza tempo.
L’abbazia Santa Maria di Follina sorge in una valle ai piedi delle Prealpi Trevigiane, chiamata oggi Valsana dopo aver avuto per secoli il nome di “Valmareno”, ovvero “valle acquitrinosa”.
Grazie all’abbondanza d’acqua, al contesto naturalistico e alla posizione riparata e lontana dai centri cittadini, i cistercensi vi trovarono attorno al 1150 il luogo ideale per la loro vita. Una vita basata sulla preghiera e sul lavoro, dove fondamentale era il silenzio.
Duomo di Pieve
Duomo di Pieve
La sua presenza accanto al corso del fiume Soligo ricalca il luogo di una precedente chiesa romanica, nonché una zona di sepoltura romana: un sito che gli antichi pievigini hanno deputato nei secoli alle funzioni sacre e sul quale hanno continuato a investire tramite donazioni e forza lavoro volontaria anche in occasione della costruzione del nuovo luogo di culto della comunità.
La struttura, posta sulla sponda sinistra del corso d’acqua, è frutto di un lungo lavoro che inizia nel 1906 – con la chiesa primitiva non ancora demolita – e che termina dopo il Primo Conflitto nel 1937.
La Pieve di San Pietro di Feletto
La Pieve di San Pietro di Feletto
Tra le colline del Felettano, territorio che deve il suo nome alle felci che crescevano negli ampi boschi di castagni, ma ancor oggi presenti, alternati ai filari di viti, spicca, in cima ad un’altura, la millenaria Pieve di San Pietro.
Fondata dai Longobardi, ma su un sito dalla storia ancora più antica, la Pieve era luogo di sosta per pellegrini e fedeli del territorio, dove essi potevano seppellire i defunti e ricevere il sacramento del Battesimo, ma anche dove la comunità, all’ombra del porticato, poteva riunirsi e persino svagarsi, o ancora proteggersi dalle scorrerie di briganti e invasori, all’interno delle solide mura di pietra della chiesa.
Tarzo, l'antica Arcipretale e la Chiesetta di San Martino
Tarzo, l'antica Arcipretale e la Chiesetta di San Martino
Il Comune di Tarzo, posizionato a cavallo delle colline che delimitano a sud la Valsana, presenta un territorio variegato, con le sue frazioni in parte arroccate tra i rilievi, in parte affacciate verso la pianura e in parte lambite dall’acqua del lago.
Questi angoli, così diversificati tra loro, sono ciascuno impreziositi dalla presenza di chiese e cappelle pregne di arte e testimonianze di devozione.
La prima di queste in ordine di importanza e centralità, è indubbiamente l’arcipretale di Tarzo, dedicata alla Beata Vergine della Purificazione e frutto di ricostruzione nel 1742. In precedenza, si hanno notizie di un luogo di culto dal 1202 e di un primo rifacimento nel 1579.
La chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Castello Roganzuolo, un fascino unico con le opere di Tiziano e Francesco da Milano
La chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Castello Roganzuolo, un fascino unico con le opere di Tiziano e Francesco da Milano
Sorge sul colle Castellar la chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Castello Roganzuolo, separatasi nel XIII secolo dalla pieve matrice di San Fior, con la quale era stata inclusa nei territori cenedesi concessi al patriarcato di Aquileia (1074-1818).
Originariamente dotata di tre altari, venne ampliata nel 1490, come ricorda l’iscrizione sull’architrave nella porta d’accesso laterale.
Sul campanile, ex torre del castello dei Da Camino (XII sec.), svetta la banderuola di santa Marcora, corruzione etimologica di S. Ermacora (proto-vescovo di Aquileia), riconoscibile invece in una statuetta posta in una nicchia all’esterno dell’abside.
Sopra la porta maggiore è collocata la cantoria con l’organo realizzato da Annibale Pugina (1909). Sia il battistero che le acquasantiere (con vasca baccellata all’ingresso laterale e a squame di pigna all’ingresso principale) risalgono al XVI secolo.
La Chiesa di San Vigilio come vedetta fra le viti.
La Chiesa di San Vigilio come vedetta fra le viti.
Su una dolce cima delle colline di Col San Martino, in comune di Farra di Soligo, lassù proprio dove tutti la possano vedere, fra i tanti filari che si perdono in giochi regolari come un incresparsi di onde lente, a sentinella di uomini e case, dolce e sicura si erge la chiesa di San Vigilio.
Le viti numerosissime le fanno da cornice e accompagnano il pensiero del visitatore o del pellegrino alle parole pronunciate da Cristo: “Io sono la vera vite”. Accogliente, diventa rifugio saldo per chi dalla bassa valle abitata e urbanizzata vuole elevarsi più in alto all’incontro con Dio. E per chi, dal rumore della via, desidera passare al silenzio della preghiera.
Cappella Maggiore, la Chiesa della Mattarella custodisce il più antico affresco dell'Ultima Cena della Marca Trevigiana
Cappella Maggiore, la Chiesa della Mattarella custodisce il più antico affresco dell'Ultima Cena della Marca Trevigiana
Immersa nel verde, a due passi dal centro di Cappella Maggiore, vi è un’antica chiesetta, il cui valore storico e artistico è stato restituito alla comunità dei fedeli e ai visitatori negli ultimi anni: si tratta della chiesa della Santissima Trinità (come testimonia la scritta “Uno et Trino” sul portale d’ingresso) ma che gli abitanti del luogo da secoli chiamano più familiarmente “Della Mattarella”, nome che ha finito per sovrapporsi a quella della dedicazione dell’edificio sacro. La chiesa quattrocentesca ingloba un oratorio più antico, del dodicesimo o tredicesimo secolo, sorto come “cappella campestris”.
La denominazione popolare si deve a quel “Andrea Matarela”, committente dell’affresco rappresentante la Madonna con il bambino in trono e gli angeli musicanti, datato 1503.
La prima attestazione scritta sulla chiesa risale al 1334, e quella iconografica è data dall’affresco dell’Ultima cena, databile tra la fine del Duecento e il primo Trecento, già presente nell’edificio più antico, e venuto alla luce grazie a un restauro degli anni ‘50 del